‘Ai miei occhi, ho 101 vittorie’: Incontra il vero Glass Joe, il ‘perdente professionista’ del pugilato con un record di 1-100

La Storia di Jake Pollard

BRADFORD, INGHILTERRA — “La gente può chiamarmi come vuole: combattente di B-side, perdente professionista, pezzo di… ho sentito tutto. E onestamente? Non me ne frega niente.” Jake Pollard pronuncia queste parole con convinzione. Il 33enne si appoggia indietro e sorseggia lentamente la sua birra. Sorride, rivelando un vuoto dove un dente una volta si trovava sul lato destro della bocca, e non rompe mai il contatto visivo. Il pugile nato a Bradford è vestito in modo elegante: una camicia blu navy con dettagli floreali bianchi, infilata in jeans scuri, il look completato da una catena d’oro che spunta dal colletto. Si abbina all’anello sigillo pesante sulla sua mano, inciso con le sue iniziali: JP. È un giovedì pomeriggio grigio nel West Yorkshire, e ci siamo incontrati in un pub semplice nel cuore del centro città di Bradford. L’orologio segna appena mezzogiorno, ma il posto si sta già riempiendo di avventori abituali: pinte di bitter e sidro in mano, il basso brusio delle conversazioni che rimbomba sulle pareti, e una playlist pop degli anni ’90 che sovrasta il suono della pioggia che batte contro le finestre sporche di fango.

Il Ruolo del “Journeyman”

“Ma il termine ‘journeyman’ non è affatto offensivo,” afferma. “È un distintivo d’onore.” Jake (1-100, 0 KOs) parla con Uncrowned solo due settimane dopo il suo 101° incontro professionale e la 100° sconfitta. Sotto il cartellone di Joseph Parker contro Fabio Wardley a Londra, all’O2 Arena, è stato fermato per la sesta volta nella sua carriera — questa volta dal promettente Hassan Ishaq (2-0, 2 KOs). La sconfitta stessa non lo ha sorpreso; l’attenzione che ne è seguita sì. Trasmetto in diretta su DAZN, la performance di Jake — e la storia dietro di essa — ha colpito un pubblico ben oltre i soliti appassionati di sport.

“Immagino sia un concetto strano da capire per le persone che non sono nel gioco,” ammette. “Cerco di spiegare il mio ruolo nel miglior modo possibile. Sono lì per presentarmi, testare questi prospetti e vedere se sono bravi o meno. Sono il primo gradino della loro scala — ma se non sono all’altezza, lo scopriranno in fretta non appena li colpirò!”

La Vita da Combattente

Offro a Jake un po’ di aiuto. La definizione di ‘journeyman’ nel dizionario Oxford recita: “Un lavoratore o un giocatore sportivo che è affidabile ma non eccezionale.” Jake si appoggia a quella definizione, non con risentimento, ma con accettazione — trattando il suo mestiere come una vocazione, un lavoro da cui guadagnarsi da vivere. L’affidabilità, dopotutto, è la valuta che tiene uomini come lui occupati.

“Di solito posso pianificare i miei incontri in anticipo, a volte cinque o sei weekend consecutivi,” dice. “Ma questo incontro [con Ishaq] è stato un po’ diverso dal normale, poiché non è stato confermato fino al giovedì sera prima.”

“Se vengo fermato, non potrò combattere, poiché il British Boxing Board of Control mi bandirà per 28 giorni. Quindi, essenzialmente, non sarò pagato per un mese.”

Il Pugilato White-Collar

Il pugilato white-collar ha fatto breccia nella coscienza mainstream dello sport negli ultimi anni. Una forma di pugilato amatoriale in cui i partecipanti — di solito individui senza esperienza precedente, che spesso lavorano in carriere professionali — seguono diverse settimane di allenamento strutturato prima di competere in un singolo incontro supervisionato. Il concetto è nato a New York negli anni ’80 e da allora è cresciuto in un fenomeno globale.

“Quando ho iniziato, [i promotori di eventi white-collar] vendevano biglietti per circa 25 sterline e io riuscivo a guadagnare 5 sterline di commissione su quello,” dice. “Ma poi, man mano che ho avuto più e più incontri, guadagnavo 50, 100, 250 sterline.”

Il Salto nei Professionisti

Nell’ottobre 2018, Jake ha fatto il salto nei ranghi professionali, iniziando con un incontro di quattro round a Nottingham contro il mancino Delmar Thomas (allora 1-0), che ha perso 40-35 sul punteggio dell’arbitro, finendo a terra nel secondo round. Ha rapidamente assaporato come potrebbe apparire la vita viaggiando nel circuito delle piccole sale del Regno Unito.

Il 50° Incontro e la Vittoria

Eppure è il 50° incontro di Jake che si distingue oggi — e non a causa del calibro dell’avversario. “Se devo essere onesto, ero un po’ stanco quel giorno,” spiega Jake. “Ma quel giorno [contro Smithson] è stato piuttosto insignificante nel complesso.”

“Pollard sta combattendo come un uomo posseduto là dentro! Deve avere la sua famiglia nel pubblico!”

La Vita Oltre il Ring

Lontano dal ring, Jake guadagna da vivere anche come maniscalco. “Oh amico, è un gioco pericoloso,” spiega, gli occhi che si allargano come per sottolineare il pericolo. “E il mio corpo, specialmente la schiena, è a pezzi a causa di questo.”

Conclusione

“Essere un journeyman mi ha dato più nella vita di quanto avessi mai pensato possibile,” conclude Jake. “Posso portare mio figlio in vacanza — siamo stati in Lapponia, in Spagna ogni anno e a Legoland questo Natale — quindi ho vinto.”